6.4.06

Le campane di San Michele come suonavano prima del terremoto dell'80

Grazie al signor Antonino Mauro, ultimo campanaro della Basilica di San Michele Arcangelo di Piano di Sorrento, e al prof. Ciro Ferrigno offriamo a tutti i carottesi la possibilità di ascoltare le campane di San Michele come suonavano prima del sisma del 1980.

Nella registrazione proposta, tratta dal CD distribuito in occasione della presentazione del libro-intervista omonimo, esse vengono azionate manualmente dal sig. Mauro il quale in occasione della Festa di San Michele 1980, spinto forse da una premonizione, decisa di incidere su nastro il loro suono. Dopo meno di due mesi il campanile fu seriamente danneggiato dal sisma e le campane dopo qualche anno di forzato silenzio ripresero a suonare ma, azionate ormai da un motorino elettrico e vittime di scellerati lavori di restauro, persero per sempre il suono originario.

Il documento proposto ha quindi un valore eccezionale che giustifica il tempo speso per scaricarlo (oltre 17 Mb il peso dei 10 file MP3 che troverete più in basso in questa pagina). Ovviamente la registrazione è di tipo artigianale ed è realizzata con i mezzi disponibili all'epoca, ma ciò a mio avviso arricchisce ulteriormente il valore di testimonianza di ciò che ascolterete.

Chiedo una sola cortesia a tutti coloro che vorranno acquisire questa eccezionale documentazione, vi chiedo di inviarmi una mail all'indirizzo pianoincipit@libero.it in modo che io possa girare i vostri pareri e i vostri ringraziamenti al sig. Antonino Mauro. Grazie fin da ora.

Le campane della festa di San Michele 1980

3.10.05

Le ville marittime

Dalla fine della repubblica ma soprattutto nel I secolo dell’Impero, tutto il golfo di Napoli fu scelto dall’aristocrazia romana come luogo ideale per costruire lussuose ville.
Il clima temperato, la bellezza del paesaggio e della veduta, la fertilità della terra ed il mare, pescoso e facile via di collegamento, favorirono l’addensarsi di costruzioni lungo tutta la costa.
Anche in penisola sorrentina, da Vico Equense a Punta della Campanella e a Crapolla i numerosi ruderi che si intravedono sul costone roccioso e sulla spiaggia attestano la presenza di numerose ville marittime quasi senza soluzione di continuità.
L’articolazione degli spazi e la struttura di queste dimore lussuose rappresenta un unicum nell’architettura romana.
Infatti, si percepisce dallo studio della disposizione degli ambienti, per lo più senza uno schema rigido, che tutto era in funzione dell’adattamento degli spazi alla fruizione del paesaggio.
Le ville più famose come quella di Agrippa Postumo a Sorrento, oltre alla domus vera e propria, avevano grandiosi ninfei sulla spiaggia, con le pareti decorate di cruma di lava e pasta vitrea con un articolato gioco di cascate e zampilli.
Per l’allestimento del museo sono state scelte le ville marittime più prestigiose come quella di Sorrento, del Capo di Massa ed in ultimo quella di recentissima scoperta di Marina della Lobra di Massa Lubrense.

Le ville marittime

30.9.05

Legato all'albero della sua barca!

Solo così, e tappando le orecchie del suo equipaggio, Ulisse riuscì a navigare resistendo al canto delle Sirene.
E ancora oggi i navigatori che solcano queste acque subiscono le tentazioni ammaliatrici della Penisola Sorrentina, della Costriera Amalfitana e dell'isola di Capri, attrezzate per soddisfare tutte le esigenze degli appassionati del mare.
In un tempo lontano il cuore del Mediterraneo era ancora sulle isole, prima che sulle terre; i naviganti che correvano il mare, donde erano nati, ben conoscevano il fascino di alcune isole incantatrici.
Ci sono isole che, a vederle, sembrano navigare e affondare, altre che paiono ancorate nel mare.
All'inventario è da aggiungere il caso di quelle che sembrano essere appena emerse d'incanto dall'oscurità dei flutti in un'aureola di luce. Con tale aspetto, sempre in atto di nascere, sembrano rinnovare la presenza di un'altra storia marina persa tra le onde del mito, vissuta da uomini come Ulisse, aperti ad ogni esperienza.
Tale è l'isola di Capri, tali sono le isole delle Sirene (Li Galli) che si distaccano appena dalla punta della Campanella, montuosa e felice dei suoi orti, quasi allo sbocco delle "bocche piccole" di Capri e che prospettano di là verso la Costiera d'Amalfi.

Positano, la gemma della divina costiera

Posta alle falde meridionali dei Monti Lattari, che la riparano dai venti del Nord, Positano gode, grazie a questa sua invidiabile,posizione, di tutti i vantaggi di un clima mite ed asciutto.
Tutto intorno, a farle corona, si elevano i verdi Monte Comune, S . Maria del
Castello, S. Angelo a tre Pizzi (alto 1444 m), Conocchia, Campo dei Galli e Paipo, a Sud ed a Est la vista spazia sul mare fino alla Punta Licosa e a Capri. Sul mare a tre miglia di distanza dalla costa si ergono "Li Galli" o "Sirenuse" piccolo arcipelago, composto da tre isolotti ; il Gallo lungo, la Rotonda e il Castelluccio, ritenuto, da sempre, mitica dimora delle ammalianti Sirene e divenute in
questi ultimi tempi rifugio degli artisti Massine e Nurejev.
Le origini di Positano, come quelle di tante altre città, si perdono nella notte dei tempi ove si confondono storia e legenda. Come spesso accadeva in passato, alla mancanza di dati si sopperiva con miti, uno di questi vuole Positano fondata da Poseidone, il dio del mare Nettuno, per amore della ninfa Pasitea da lui amata.
Certo è che i Fenici e Greci, nei loro viaggi verso occidente, posero piede in questa contrada allora forse abitata da Oschi o Piceni. I Romani costruirono nei pressi della spiaggia Grande una ricca villa patrizia, ora sepolta dai giardini e dalla Chiesa dell'Assunta.
Con la caduta dell'Impero Romano Positano entrò a far parte della Repubblica di Amalfi, prima Repubblica marinara, e attraversò un periodo floridissimo grazie al commercio marittimo con gli altri paesi del Mediterraneo.
Purtroppo seguirono anche periodi tristi, specie con la dominazione Angioina ed aragonese che vide la nostra contrada più volte esposta alla offese prima dei pirati saraceni e poi di quelli turchi.
Per difendersi dalle continue incursioni piratesche, i positanesi eressero a propria difesa tre torri di guardia che ancora oggi fanno bella mostra di sé a Fornillo, alla Trasita e alla Sponda, ed altre all'interno dell'abitato.
In questo stesso periodo sempre per sfuggire ai pirati si ampliarono i villaggi montani di Montepertuso, e Nocelle dove trovarono asilo gli abitanti di Positano e Laurito.
Nel '700 vi fu un periodo di floridezza come testiomonianole numerose ville tardo barocche edificate lungo il versante orientale.
L'unità d'Italia costrinse molti positanesi, come tanti altri meridionali, ad emigrare oltre Atlantico dove la fortuna arrise a qualcuno di loro. Dopo la prima guerra mondiale, nella quale Positano pagò un altissimo tributo di sangue, questo paese, nel quale già si rifugiavano grandi artisti come Vincenzo Caprile, divenne asilo per tanti artisti e letterati russi e tedeschi che la elessero a loro dimora godendo, finalmente, di pace etranquillità.
Tra i tanti ricordiamo Seminov, Zagarouiko, Essad Bey, Clavel, Escher, Massine, Kovaliska, Ghillausen ecc. che con le loro opere fecero conoscere questo angolo di paradiso al mondo intero.
Il boom turistico si è avuto nel secondo dopoguerra, ma pur avendo avuto un intenso sviluppo Positano ha saputo conservare la sua caratteristica peculiare di città verticale e la sua architettura solare con i suoi angoli suggestivi e panoramici. Grazie al loro innato senso di ospitalità i positanesi hanno saputo conquistare e mantenere uno dei primi posti tra le più rinomate località turistiche del mondo.
Ma non solo nel campo turistico ha saputo primeggiare, anche nel campo della moda é un punto di riferimento internazionale e le innumerevoli bottege ed eleganti boutique, che costellano le vie e i vicoli, soddisfano tutte le esigenze di una clientela cosmopolita.
La sua felice posizione geografica la colloca nel baricentro di un territorio tra i più ameni e ricchi di storia e di bellezze naturali. Durante il periodo estivo una serie di feste patronali, tra le quali ricordiamo quella del 2 luglio a Montepertuso e quella del 15 agosto a Positano, e manifestazioni culturali come il premio internazionale per l'arte della danza, in onore del grande coreografo e ballerino Leonide Massine allietano le serate rendendo ancora più piacevole e suggestivo il soggiorno in questa ridente località denominata "la gemma della divina costiera".

Amalfi e la sua costiera

Amalfi è un richiamo continuo per i turisti di tutto il mondo, assetati di luce e di bellezza, il luogo di una primavera perenne. Le tonalità cromatiche, che variano di ora in ora, rendono questo mare assolutamente ineguagliabile.
In questo angolo di autentico paradiso terrestre, la storia e la leggenda si intrecciano, si sovrappongono e creano un insieme inscindibile.
Secondo la tradizione Ercole, il dio pagano della forza, amava una ninfa di nome Amalfi: ma il suo amore ebbe breve vita: ella si spense ed Ercole volle darle sepoltura nel posto più bello del mondo e per immortalarla ne diede il nome alla città da lui ivi costruita. Per la storia invece fu fondata dopo la morte di Costantino; essa trae le sue origini da famiglie romane che, imbarcate per Costantinopoli, furono travolte dalla tempesta nel golfo di Policastro, vi avrebbero fondato una «Melphes» l'attuale Melfi, poi trasferitisi più a nord, avrebbero preso dimora nel luogo dell'attuale Amalfi, fondandola col nome di «A-Melphes».
Le prime notizie risalgono al 533, al tempo della guerra greco-gotica, allorchè con la vittoria di Narsete su Teia, Amalfi passa sotto il dominio dell'impero Bizantino ed entra a far parte del ducato di Napoli. Nel VI secolo diviene sede vescovile. Il vescovo assolveva funzioni religiose e provvedeva alla difesa della città.
In seguito si andò formando una aristocrazia di grandi proprietari terrieri, i quali privarono il vescovo del potere politico.
Nell'836 Sicardo, duca di Benevento, saccheggiò Amalfi, deportandone gli abitanti in Salerno. Nell'839 ucciso il duca Sicardo, gli amalfitani si
ribellarono e conquistarono una potenza e un'autonomia che durarono fino alla fine
dell'XI secolo. Amalfi iniziò un'astuta politicanei riguardi dei due imperi e degli altri Stati italiani per salvaguardare i propri interessi commerciali e sconfisse i saraceni che ne insidiavano il traffico. In un primo tempo fu retta a Repubblica, verso l'850 con due «prefetti» annuali, poi da «giudici », ed infine dal 958 da «duchi dogi». Sulla loro elezione avevano un formale diritto di conferma gli imperatori d'Oriente, ma in realtà la città si amministrava in piena libertà, con leggi magistrati e monete proprie. Le esigenze di difesa ed del commercio marittimo, spinsero spesso Amalfi ad allearsi con i saraceni e Ludovico II, contro i bizantini, che volevano ripristinare la sovranità dell'impero d'Oriente.
L'alleanza con i saraceni fu comunque instabile e poco duratura. Questi infatti, nel 915, dopo una furiosa battaglia furono battuti e definitivamente cacciati dal territorio amalfitano. Nel 920 sempre per mano degli amalfitani furono cacciati da Reggio Calabria. Per tutto il X secolo e l'inizio dell'XI, gli amalfitani ebbero un'espansione commerciale ed una solida prosperità economica occupando nel Mediterraneo quel posto che più tardi ebbero Pisa e Genova. La ricchezza di Amalfi fu tale in questo periodo che Guglielmo Appulo scrisse che nessuna città era più ricca d'oro, di argento e di stoffe di ogni sorta e che vi si incontravano arabi, siculi, africani e persino indiani. Si spiega così la ricchezza delle sue consuetudini
marittime, che ebbero dagli amalfitani una
delle loro più antiche codificazioni, nella famosa «
Tabula Amalphitana» che era il codice marittimo più accreditato di tutte le nazioni marinare dell'epoca. Esso regolamentava i rapporti fra padrone di nave
e marinai e fra marinai e mercanti. La stessa leggenda di Flavio Gioia, vissuto probabilmente agli inizi del XIV secolo, conferma ad Amalfi il vanto d'aver per prima perfezionato la bussola a vantaggio della navigazione e fornito materiale delle prime carte nautiche medievali. Dominatrice del
mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti preziosi, nel X secolo coniò il soldo d'oro, il tarì d'oro e d'argento, che erano in circolazione nell'impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete erano simili a quelle musulmane ciò a dimostrazione del fatto che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli arabi che con i bizantini. Il notevole sviluppo di Amalfi era dovuto in gran parte alla indipendenza di cui godeva; ma la limitatezza del territorio e la debolezza militare per la carenza dell'appoggio bizantino rendeva insicura questa indipendenza. Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno, s'impadronì del ducato di Amalfi e sebbene ridette il potere al duca Mansone II il cieco che ne era stato privato dal fratello Giovanni II, stabilì in realtà il dominio
salernitano sulla città. Pressati dai salernitani, gli amalfitani governati da Sergio IV si rivolsero a Roberto il Guiscardo nel 1073. Salerno capitolò ma gli amalfitani dovettero lasciar occupare la loro città dai Normanni,
riavendo la pace a costo della libertà. Il «terror mundi» si mostrò magnanimo verso
gli amalfitani, accordando loro una certaautonomia. Dopo la morte del principe normanno nel 1085, Amalfi cercò più voltedi scuotersi dal giogo normanno. Nel 1135
Amalfi subì un orribile saccheggio da parte dei Pisani «traditori» chiamati in
soccorso contro la prepotenza normanna.
E' da questo periodo che ha inizio la decadenza di Amalfi. Nel 1343 una spaventoso maremoto, descritto dal Petrarca, investì la costiera; gran parte dell'abitato andò distrutto (con esso
probabilmente anche il palazzo Ducale, citato in un documento come «palatium
amalphitanum»), furono sommerse le fortificazioni, i cantieri navali, i magazzini
e le attrezzature marittime. Cinque anni dopo, la famosa peste del 1348, descritta dal Boccaccio, completò l'opera di distruzione fra gli uomini. Amalfi e tutte le cittadine della costa che erano state splendide località popolate e fortificate, ricche di sontuosi palazzi, ornati di affreschi, marmi, colonne, fontane, si avviavano a diventare modesti paesi che, privi della ricchezza che veniva dal mare ritornarono alla economia tradizionale della pesca, dell' artigianato locale e dell'agricoltura.
Soltanto sul finire dell'Ottocento l'affermarsi del fenomeno turistico ridiede
incremento ad una città che costituisce l'epicentro economico di tutta la costiera
che da Amalfi prende il nome.

Capri e il suo mito

Capri è un'isola di roccia calcarea e
costituisce l'estrema propaggine del
sistema montuoso della penisola sorrentina.
La costa, con le sue pareti dolomitiche in
molti punti strapiombanti nel mare, è forata
da innumerevoli grotte ed è circondata da
scogli dalle forme fantastiche.
Il Monte Tiberio (m. 334) ad oriente ed il
Monte Solaro (m. 589) ad occidente, sono i
due massicci principali dell'isola, tra i quali
in una sella a cavallo di Marina Grande, lato
nord, e Marina Piccola, lato sud, vi è la
cittadina di Capri (m. 138). L'altro centro
abitato, Anacapri (m. 286), è situato nell'ampia
verdeggiante piana ad occidente del Monte Solaro.
Capri possiede una vastissima varietà di specie
floristiche, annoverandone, su una piccolissima
superficie, ben 850 specie e 130 varietà, comprese
alcune rarità, come la palma nana sopravvissuta
in poche zone inaccessibili. Analogamente, la
fauna, presente con molte specie marine, ne
arricchisce i profondi fondali; anche quella
terrestre annovera moltissimi tipi di uccelli
stanziali, tra cui i caratteristici grandi gabbiani
diomedei, e di sauri, come la rarissima lucertola
azzurra dei Faraglioni. L'etimologia del nome
Capri va ricercata nell'origine greca dei primi
coloni che la popolarono in tempi storici.
Pertanto "Capri non deriva dal latino "Capreae"
(capre), bensì dal greco "Kapros" (cinghiale).
I molti avanzi fossili di questo animale qui
rinvenuti, confermano che essa fu l'isola dei
cinghiali e non delle capre come darebbe ad
intendere la derivazione dal latino. L'isola,
abitata sin dall'epoca paleolitica, in cui era
ancora collegata alla terraferma, fu greca e poi
romana. Cesare Augusto, visitando Capri nel 29 a.C.,
fu talmente colpito dalle sue bellezze che l'acquistò
dalla città di Napoli in cambio della vicina Ischia,
più vasta e più ricca. Il suo successore, Tiberio, vi
dimorò dal 27 al 37 d.C. costruendovi, secondo la
leggenda, dodici ville dedicate ad altrettante
divinità dell'Olimpo e, dalla più imponente di
esse, "Villa Jovis", governò l'impero romano.
Altri Imperatori soggiornarono a Capri dopo
Tiberio e fino al IV secolo d.C. essa fu visitata e
abitata da nobili romani.
L'isola, passata di nuovo al Ducato di Napoli,
nel VI e VII secolo subì le incursioni saracene e
in quelli successivi il dominio dei Longobardi,
dei Normanni, degli Angioini, degli Aragonesi e
infine degli Spagnoli.
L'isola traversò un nuovo periodo di fortuna nei
secoli XVII e XVIII, all'unisono con il grande
rigoglio politico ed artistico di Napoli, per
l'esistenza di una attiva diocesi e per i privilegi
che le erano stati concessi dagli Spagnoli e poi
dai Borboni. Ne sono testimonianza le stupende
architetture di chiese e conventi sorte nei due
centri urbani.
A partire dalla seconda metà del '700, l'isola fu
prescelta come soggiorno dai Borboni, che vi si
recavano per la caccia alle quaglie, e come meta
di viaggio. Molti tra i visitatori che sempre più
frequentemente scendevano dal nord verso la
favolosa primitività del sud, la inclusero nei loro
itinerari e ne trasmisero al mondo le prime
immagini. Purtroppo al loro seguito iniziarono
anche le sistematiche spoliazioni delle vaste
rovine di origine romana, conservatesi intatte
nei secoli, che hanno devastato e disperso un
ricchissimo patrimonio, di cui oggi restano
soltanto poche tracce concentrate negli scavi
ripresi successivamente.
Dalla prima metà del secolo scorso, al seguito
della scoperta della Grotta Azzurra, comincia
l'afflusso di visitatori italiani e stranieri, attirati
qui dal clima, dall'ospitalità degli abitanti, dai
colori e dalla magnetica atmosfera dei luoghi.
Scrittori, pittori, intellettuali, esuli, ricchi ed
eccentrici visitatori, a partire dalla fine dell'800
e fino alla seconda guerra mondiale, la prescelsero
come residenza abituale o stagionale, erigendovi le
loro ville e contribuendo a crea
re quella variegata
e cosmopolita colonia multilingue che ha poi reso
famoso il nome di Capri e ne ha creato il mito.

Sorrento dal mare

Almeno una volta bisogna arrivare a Sorrento
dal mare. Il mezzo non importa, una barca, la
usarono Goethe e Ferdinando e Carolina di Borbone, Ibsen e
Gor'kij o in tempi più recenti Eduardo De Filippo e Carla Fracci,
quel che conta è il mare. Questo perchè la costa, via
via che si avvicina, diventa sempre più abbagliante di
bellezza e singolarità, col cupo e robusto costone di
tufo scuro, definito dai colori del paese, a stagliarsi
contro il fondale dei monti Lattari come un inconsueto
presepe.
Quando ancora le bellezze di Ischia, Capri o Positano
erano sconosciute, Sorrento era già stata scoperta dai
Fenici. Dopo di loro Greci, Romani, Spagnoli, Francesi,
Saraceni, in veste di navigatori, e poi oratori, visitatori,
predoni, sommati a tutti i dominatori della vicina Napoli,
approdarono qui attratti dalla stupefacente bellezza del
paesaggio, dalla mitezza del clima e dalla singolarità
della posizione. Senza contare il profumo, che ha fatto
scorrere fiumi di inchiostro. Già, perchè Sorrento non
smette mai di conquistare tutti e ciascuno con la
fragranza delle prime fioriture degli aranceti e dei
limoneti che ricamano di bianco la sua piana
lussureggiante.
Anche la sua storia secolare, il ricordo di un passato
mitico e glorioso, la selvatica natura delle scogliere
sotto fonte di incantamento, di innamoramenti repentini.
Il retaggio romano chiama nostalgia e curiosità, accanto
ai Bagni della Regina Giovanna, i resti della villa di
Pollio Felice, descritta dal poeta latino Publio Papino
Stazio nelle "Silvae", lasciano immaginare la
magnificenza della costruzione mentre la passeggiata di
circa mezz'ora fino agli scogli che lambiscono i resti
della residenza è un'esperienza paesaggistica senza pari.
Malgrado turismodi massa e progresso, Sorrento, che
oggi conta ventimila abitanti, è riuscita a conservare
quasi intatto il suo centro storico(visitabile anche in
una sola giornata)che somma palazzetti, portali
durazzeschi, chiese ed un dedalo di stradine a scacchiera,
fitte di negozi. Uno degli edifici più imponenti e' il
Sedile Dominova, il luogo della quotidiana discussione
politica sovrastato da una cupola di mattonelle policrome,
completamente affrescata all'interno con numerosi stemmi
di famiglie locali e appoggiata su due archi poderosi.
Questi ultimi ne delimitano la pianta quadrata, su via San
Cesareo, l'animatissimo decumano dove si susseguono
botteghe di tutti i tipi. Cuore della vita sorrentina, piazza
Tasso è caratterizzata dai due sorrentini più famosi:
testimoni di pietra, Sant'Antonino, in tufo grigio, è l'amato
patrono del quale da secoli si tramandano storie e
leggende, e Torquato Tasso, in niveo marmo, il poeta, nato
a Sorrento, che in atteggiamento elegante ma distaccato
sembra sottolineare la scarsa partecipazione dei suoi
cittadini. Il gioiello architettonico della città è pero' il
trecentesco chiostro di San Francesco (da oltre vent'anni
sede dell'Estate musicale sorrentina, presieduta da Uto
Ughi e diretta da Maurizio Pietrantonio). E' costruito in
due ordini di stili. Due lati sono formati da archi ditufo
incrociati, di derivazione araba, gli altri due da archi a
tutto tondo poggianti su colonne ottagonali.

Sorrento ... la Terra delle Sirene

Il nome evoca la seduzione, un'attrazione fatale.
E anche se nessuno è disposto a giurarlo, agli autoctoni piace credere che le leggendarie incantatrici del mare, da cui l'antica "Surrenctum" secondo la tradizione prese il nome, dimorando ancora in uno degli anfratti rocciosi che movimentano la costa dell'estremo lembo della penisola che chiude a sud del golfo di Napoli.

A lasciare questi luoghi nelle foschie del mito concorre non poco la privilegiata posizione geografica insieme alla proverbiale mitezza del clima.

Arrivandoci la prima volta via mare, magari da Capri che dista solo poche miglia, si è subito presi da un dubbio.

Che cos'è piu' suggestivo e straordinario,il mare azzurrissimo che disegnauna costa fantasiosa dove si rincorrono, competitivi, punte, capi, golfi, casette solitarie e arenili attrezzati, o la lussureggiante macchia mediteranea interrotta qua e là da terrazze dalle quali occheggiano aranci e limoni profumatissimi?

La questione non è di poco conto, ma comunque la si voglia considerare il risultato non cambia.

Quel tratto peninsulare, di cui Sorrento resta l'indiscussa "capitale", è tutto un idillio.

Lo sapevano bene quei visitatori illustri e quei viaggiatori anonimi che, a partire dalla metà del Settecento, considerarono questi luoghi, poco distanti da Ercolano e Pompei, una delle tappe d'obbligo del "Gran Tour".

In particolare la fitta schiera di pittori e incisori che per anni ritrassero i punti caratteristici della costa o scorci panoramici dei valloni e delle mura,diffondendone nel mondo l'immagine e contribuendo, indirettamente, alla nascita del turismo che rappresenta oggi la spina dorsale di tutta l'economia sorrentina.

Negli ultimi decenni si è registrato un boom turistico, ma i grandi complessi, le nuove strutture ricettive, gli alberghi utilizzati tutto l'anno anche per attività congressuali, non hanno mutato l'atmosfera di un borgo tradizionale, che ha conservato nei suoi vicoli stretti e nelle sue case, aspetti suggestivi.

Sorrento oggi piu' che mai esercita il suo fascino per il modo speciale e irripetibile di abitarvi, di viverci, di essere ospitie turisti; per i molti temi contrastanti e vari che ne fanno un luogo dalle svariate possibilità.

Se scendiamo per le scalinate, dalla casa piu' alta fino alla marina; se ci fermiamo ogni tanto, se non altro per riprendere fiato; se gettiamo lo sguardo in basso verso il mare, è come usare lo zoom della macchina fotografica.

Ogni pausa corrisponde ad un'immagine precisa, che va ingrandendosi ad ogni gradino piu' basso.

I borghi di Marina Grande e Marina Puolo invitano a rilassanti passeggiate, ma allo stesso tempo propongono impianti balneari che offrono un'organizzazione di servizi inappuntabile dove tra un tuffo e una doccia si puo' sorseggiare un cocktail o fare uno spuntino ai tavolini di uno snack.

Nuovo e antico si sposano perfettamente anche nell'arenile di San Francesco, situato in corrispondenza della Villa Comunale: le vecchie pescherie ed i ninfei contornano le strutture sorte oggi per accogliere i visitatori.

Ma per una "full immersion" fra onde si possono raggiungere le brulle "solari", le rocce nude che finiscono nel mare.

Ogni scoglio è uno scorcio fotografico, dietro ogni angolo è un incontro, un branco di ricciole puo' sfiorarci per salire poi velocemente in superficie, sulla linea d'acqua centinaia di aguglie impazzite iniziano una danza spericolata.

Ma ci si puo' imbattere in ruderi romani, lambiti da una massa d'acqua spumeggiante, in anfratti oscuri che il mare penetra rumorosamente, ci si puo' stupire di fronte allo straordinario alternarsi di tufo e roccia calcarea, alle torri, alle baie nascoste.

Poche zone turistiche consentono itinerari naturalistici cosi' vari.

La macchia mediterranea impone la propria identità verso Mitigliano tra lecci, alaterni, prugnoli, mirti e grovigli di edera e vitalba.

Nei dintorni di punta Campanella si puo' fotografare il gabbiano reale e, con un po' di fortuna, il falco pellegrino e il gheppo.

Sant'Agata sui 2 Golfi, che sorge ad un'altezza di 600 metri, ci offre la possibilità di godere di un colpo d'occhio incantevole; famosi i suoi dintorni che si affacciano alternandosi sul Golfo di Napoli e su quello di Salerno, celando uno splendido polmone di verde incontaminato.

Ma una vacanza sulla Penisola Sorrentina non è solo mare grande, montagna o collina:chiunque voglia di piu', lo trova, lo dico per esperienza personale!

Ad esempio la possibilità di mantenersi in forma praticando ogni tipo di sport, dal calcio al tennis, dalle bocce al tiro a piattello.

Ci sono anche sale e palestre per il judo, il karate, la ginnastica aerobica e la pineta della Torre per il footing del mattino.

La città si scopre dopo aver vissuto il mare, quando il sole comincia a scendere e il centro storico, tra negozi di artigianato e immancabili boutique agghindate secondo il gusto di oggi.

Tra le simpatiche botteghe artigiane ci si puo' anche divertire ed ammirare e perchè no anche comprare, preziosi merletti, raffinati monili in corallo o tipici foulards di seta, vanto dell'antica tradizione locale.

Una sosta golosa lo merita una delle tante gelaterie o cremerie che hanno contribuito a rendere celebre il luogo.

Per pasteggiare, la scelta è ampia e offre soprattutto specialità marinare proposte con gusto ricercato o con modestia casalinga, ma sempre in modo amabile e adeguato alle legittime aspettative.

Da non perdere i famosi spaghetti con gli zucchini, nati in questa zona e diventati un piatto noto nel mondo.

Per la notte la varietà non manca.

Locali d'intrattenimento ad ogni angolo, ma accanto alle discoteche per le nuove generazioni sono numerosi i locali dove gruppi in costume ballano la famosa "tarantella"; perchè il folklore è una componente autentica della vita sorrentina.

La tradizione religiosa popolare ha solide radici e vivacizza lo scorrere dei mesi con un nutrito carnet di manifestazioni.

Il 16 luglio, in occasione della festa del Carmine, uno straordinario spettacolo pirotecnico illumina il cielo stellato.

I fuochi si ripetono il 26 luglio, ma stavolta da Marina Grande per la festa di Sant'Anna.

E ancora musica , mostre, cinema, iniziative per riscoprire le origini di questo stupendo centro rivierasco.

La manifestazione piu' importante è quella organizzata dall'Azienda di Soggiorno per luglio, nella cornice del chiostro di San Francesco che funge da palcoscenico all'esibizione di musicisti di fama internazionale.

29.9.05

Sorrento, Capri e la Costiera Amalfitana sono la meta di questo viaggio

Sorrento, Capri e la Costiera Amalfitana sono la meta di questo mio e vostro viaggio virtuale nel Paese più bello del mondo.
Alla ricerca di quel mito romantico che ancora oggi resiste, per nulla usurato dai mille e mille viaggiatori giunti da ogni dove alla ricerca della luce e delle magie del Mediterraneo.
Gli anni di cemento non hanno impedito alle rocce dei promontori di stupire, alle acque delle isole di sussurrare, alle antiche costruzioni di fascinare e alla gente della Costa di ospitare.
Queste sono terre di grotte e ninfei, di antri sotteranei e reliquie, di tradizioni antiche e incredibili devozioni popolari.
Le nostalgie della storia si stemperano nei sapori della terra, nei profumi del mare e nello charme esclusivo e discreto di una attenta ospitalità.
Qui il fascino sottile della scoperta quotidiana (una ricetta irripetibile, un artigiano valente) sopravvive agli stereotipi del Grande Turismo.